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Godzilla sotto la Metro C (parte 1)

La Metro C, il cantiere, Bruttomuso e il gelato

Tutto è cominciato con i lavori della Metro C. Scavi, smuovi, smucini, alla fine qualcosa casca: la vita è come un intestino.

Questa era l’opinione di Manlio Diodati detto Bruttomuso, quarant’anni, brizzolato e sporco per scelta etica, fuori forma dal 1996, finale di calcio a otto tra Liceo Manara e Virgilio (3 a 1 per il Manara, autogol ininfluente di Flavio “calcio samba” Manganello), il peggiore archeologo nella storia di Roma.

Assegnato per lo strano scherzo di un diabolico destino ai lavori di verifica e scavo della Metro C, stazione di San Giovanni, era sul punto di fare un’incredibile scoperta.

«Dottò, forse è meglio che vieni – gli fa Maurizietto, 120 chili di Testaccina rozzezza attaccati a un robusto piccone – c’è una roba strana».
«Spaccala, poi la vengo a guardà».
«C’ho provato. Nun se leva».
Un’occhiata all’orologio: tre ore ancora alla fine del turno sono tante, senza niente da fare.
«Vabbè, sto a venì».

Il recinto degli scavi è transennato e isolato da teli e nastri di plastica opaca, spessa. Al centro dell’area di scavo una lastra curva di pietra verde scuro, dalla superficie non uniforme.

L’archeologo.
«Strana sta roba. Dura. Ma la consistenza… non sembra una roccia scistosa, i piani sono regolari. Sembra… sembrano tipo squame. Magari è una statua de una serpe. Oh, capace che famo i soldi. Prendiamo sto pezzo».

Quando Maurizietto pianta il piccone accanto alla pietra, la terra inizia a tremare. I teli si strappano, gli attrezzi volano, si aprono crepe. Quando la sommità della pietra diventa la testa di un grosso rettile che grida e vomita terra gli operai fuggono. Rimane solo Manlio. Gambe aperte e braccia incrociate, mica lo chiamano Bruttomuso così, pè gioco.

Bruttomuso.
«Senti, Coso: che voi fa’?»
Coso.
«GRAUUUURGGG. RGRABRRRRUARRRRR».
«Non mi impressioni, coso. Zero, proprio».

Coso si ferma perplesso e sputa pezzi di pietra e terra. Alza le zampe verso Manlio e inizia ad agitare gli artigli. Fuori dalla terra è alto un po’ più di due metri.
Coso.
«Così? Così va mejo?»
Manlio.
«Mica tanto. E poi ti dirò, te facevo più alto».
Il dinosauro batte le zampette sui fianconi con un moto di stizza.
«Lo so, moo dicono tutti. È che c’ho la testa grossa».
«Senti ‘n po’, Gozzilla, mo’ che voi fa?»
«Gozzilla… me piace. Pare il nome di uno che mena».
«Ma infatti».
«Boh. Pensavo, non lo so, di seminare un po’ di morte e distruzione. Così. A buffo».
«E certo, arrivi te e semini morte e distruzione. Tra l’amministrazione di Roma, il piano emergenze, il caldo, il freddo, i terremoti e le buche, pensi che morte e distruzione le porti te?»
«E allora che faccio, mo’?»
«Mo’ ce pensamo. Intanto s’annamo a pijà un gelato».
«Un gelato? A cì, dovemo svoltà e tu te piji er gelato?»

Lo sguardo di Bruttomuso è glaciale.
Godzilla abbassa lo sguardo. «Oh, che voi, sottoterra non ce sta niente da fa. Mi piacciono i film».