Il secondo episodio della serie Pillole di gelato parla di ghiaccio. Oggi per averlo a disposizione è semplice, ma un tempo? Come si faceva ad averlo a portata di mano?
Troverete la risposta in questa puntata!
“Pillole di gelato” è la serie audio in podcast prodotta da tichetta
Idea: Mattia Altobelli
Gelatieri e produttori: Mattia Altobelli e Martina Serravento
Zucchero e testi: Emanuele Bissattini
Assaggiatore e voce narrante: Claudio Di Biagio
Fave di Tonka e progetto grafico: Roberto “Shamantide” Ciarambino e Enrico “Reddog” Ausiello
Panna, sigle e post produzione: Faust “Dj Fuzz” D’Agata
Sapete dove e come nasce il gelato? E sapete come si è evoluta questa invenzione? Per le risposte a queste domande seguite la nostra serie audio “Pillole di gelato” e venite a provare i nostri gusti!
Se invece volete gustarvi un po’ di relax sul divano di casa, il gelato ve lo portiamo noi!
“Pillole di gelato” è la serie audio in podcast prodotta da tichetta
Idea: Mattia Altobelli
Gelatieri e produttori: Mattia Altobelli e Martina Serravento
Zucchero e testi: Emanuele Bissattini
Assaggiatore e voce narrante: Claudio Di Biagio
Fave di Tonka e progetto grafico: Roberto “Shamantide” Ciarambino e Enrico “Reddog” Ausiello
Panna, sigle e post produzione: Faust “Dj Fuzz” D’Agata
Tutto è cominciato con i lavori della Metro C. Scavi, smuovi, smucini, alla fine qualcosa casca: la vita è come un intestino.
Questa era l’opinione di Manlio Diodati detto Bruttomuso, quarant’anni, brizzolato e sporco per scelta etica, fuori forma dal 1996, finale di calcio a otto tra Liceo Manara e Virgilio (3 a 1 per il Manara, autogol ininfluente di Flavio “calcio samba” Manganello), il peggiore archeologo nella storia di Roma.
Assegnato per lo strano scherzo di un diabolico destino ai lavori di verifica e scavo della Metro C, stazione di San Giovanni, era sul punto di fare un’incredibile scoperta.
«Dottò, forse è meglio che vieni – gli fa Maurizietto, 120 chili di Testaccina rozzezza attaccati a un robusto piccone – c’è una roba strana».
«Spaccala, poi la vengo a guardà».
«C’ho provato. Nun se leva».
Un’occhiata all’orologio: tre ore ancora alla fine del turno sono tante, senza niente da fare.
«Vabbè, sto a venì».
Il recinto degli scavi è transennato e isolato da teli e nastri di plastica opaca, spessa. Al centro dell’area di scavo una lastra curva di pietra verde scuro, dalla superficie non uniforme.
L’archeologo.
«Strana sta roba. Dura. Ma la consistenza… non sembra una roccia scistosa, i piani sono regolari. Sembra… sembrano tipo squame. Magari è una statua de una serpe. Oh, capace che famo i soldi. Prendiamo sto pezzo».
Quando Maurizietto pianta il piccone accanto alla pietra, la terra inizia a tremare. I teli si strappano, gli attrezzi volano, si aprono crepe. Quando la sommità della pietra diventa la testa di un grosso rettile che grida e vomita terra gli operai fuggono. Rimane solo Manlio. Gambe aperte e braccia incrociate, mica lo chiamano Bruttomuso così, pè gioco.
Bruttomuso.
«Senti, Coso: che voi fa’?»
Coso.
«GRAUUUURGGG. RGRABRRRRUARRRRR».
«Non mi impressioni, coso. Zero, proprio».
Coso si ferma perplesso e sputa pezzi di pietra e terra. Alza le zampe verso Manlio e inizia ad agitare gli artigli. Fuori dalla terra è alto un po’ più di due metri.
Coso.
«Così? Così va mejo?»
Manlio.
«Mica tanto. E poi ti dirò, te facevo più alto».
Il dinosauro batte le zampette sui fianconi con un moto di stizza.
«Lo so, moo dicono tutti. È che c’ho la testa grossa».
«Senti ‘n po’, Gozzilla, mo’ che voi fa?»
«Gozzilla… me piace. Pare il nome di uno che mena».
«Ma infatti».
«Boh. Pensavo, non lo so, di seminare un po’ di morte e distruzione. Così. A buffo».
«E certo, arrivi te e semini morte e distruzione. Tra l’amministrazione di Roma, il piano emergenze, il caldo, il freddo, i terremoti e le buche, pensi che morte e distruzione le porti te?»
«E allora che faccio, mo’?»
«Mo’ ce pensamo. Intanto s’annamo a pijà un gelato».
«Un gelato? A cì, dovemo svoltà e tu te piji er gelato?»
Lo sguardo di Bruttomuso è glaciale.
Godzilla abbassa lo sguardo. «Oh, che voi, sottoterra non ce sta niente da fa. Mi piacciono i film».
Inauguriamo il nostro glog – gelato blog ufficiale con il secondo, pazzesco tichetta challenge.
Funziona così: noi prepariamo un gusto misterioso di gelato; se accetti la sfida e scegli il gusto misterioso in un cono o in una coppetta, noi ti facciamo lo sconto del 10% sulla vaschetta che compri in giornata. Se poi indovini il gusto, lo sconto diventa del 30%.
Oh, alla fine il rischio ha la sua ricompensa quando il coraggio paga.
Il primo gusto misterioso è stato Sua Maestà Re di Calabria bergamotto – o citrus bergamia per quelli esperti – che mena sempre forte.
Per la seconda sfida abbiamo preparato una roba veramente, veramente tosta. Una roba da tichetta challenge: extreme level.
Abbiamo trasformato in gelato l’horchata de chufa, una bevanda fatta con il “tubercolo ipogeo del Cyperus esculentus” – tiè, becca. È la bevanda di Valencia, in Spagna, che si produce col tubero di una pianta che in spagnolo si chiama chufa (e da ‘ste parti zigolo dolce).
L’Horchata è una specie di incrocio tra orzata e latte di mandorla. È talmente tipica che se vai a Valencia e dici che non ti piace da quelle parti ti guardano molto male. Come i calabresi se fai lo stesso del bergamotto, in effetti.
A presto col reportage: l’oriundo che ha riconosciuto l’horchata e si è aggiudicato il 30% di sconto sulla vaschetta.
«La giungla è una pezza assurda, Cì».
Tarzan è stravaccato sul divano-amaca del suo bilocale con servizi al terzo piano dell’albero condominiale e «Cì» è Cita, che è una scimmia ma paga mezzo affitto e metà delle spese di condominio pure se non usa l’ascensore.
«Uhuhuh. Uh uh. Uuuuh».
Cita è d’accordo, si stende pure lei e prende il telecomando con la coda un attimo prima di Tarzan.
«Oh, mo’ non t’accollà coi programmi di cucina coi superchef. Tutti a fa’ i fenomeni».
«Uh uh uh. Uuuuh. Uhuhuh».
«No che non sto a rosicà».
«Uhuh uh».
«Invece no. Ti acchitto una ricetta segreta che Cannavacciuolo levati proprio. Scommessina. Se vinco io, ‘sto mese paghi tutto te».
«Uh uh uh uh. Uh uh. Uh uh uuuuuuuuuuuuh».
«Oh, certe volte non te se po’ proprio parlà».
Tarzan sparisce in cucina per un tempo interminabile. Cita ha il tempo di fare un turno di lavoro da ausiliario del traffico. Ha dovuto cancellare tre volte dalla base dell’albero CITA INFAME PER TE SOLO LE LAME, alla fine si è arresa e ha smesso.
Quando torna butta berretto e giacchettina per terra e vede Tarzan uscire dalla cucina con le mani dietro alla schiena e fulminarla con lo sguardo.
«Uh Uh Uh, Uh!»
«Non accanno niente e non so’ tu zio».
«Uh uh».
«Ok. Tieni, pure se non te lo meriti».
Tarzan tira fuori una bella coppa con del gelato.
«Uhuhuh. Uh uh».
«Lo so, lo so. T’ho fatto i gusti della giungla, riso e arachide».
«Uh uh uuuh?»
«Sì, nella giungla ce sta pure er riso. Sei te che non sai cercà».
Cita alza un sopracciglio e affonda il cucchiaio nella coppa.
Da quel momento in poi Tarzan non ha più cacciato una lira per l’affitto.